Una citazione al giorno

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Data Rivoluzionaria

Tanta scuola per una società di infelici

Il nostro modo di costruire questo tipo di società, crudele e violenta, dipende da un progetto precisissimo, altrettanto crudele e violento, e antico quanto il capitalismo. E' un progetto eminentemente pedagogico, anzitutto, in grado di modificare profondamente gli esseri umani, i loro pensieri, le loro azioni conseguenti. Poche persone si salvano da questa progetto, per merito di particolari dinamiche relazionali avvenute nella loro infanzia. Infatti è nel periodo infantile che il progetto crudele e violento inizia ad attuarsi, e non può che essere così. Ciò che avviene durante l'infanzia decide il futuro della società. Ma quello che avviene durante l'infanzia è stato deciso e progettato dai propagandisti del capitale per ottenere una società che attui lo stesso loro progetto. Ci sono riusciti.
Il sistema si regge soltanto attraverso una serie di artifizi, e anche da ciò si capisce che questo tipo di società non ha niente a che fare col percorso naturale delle cose. Una verità naturale non ha bisogno di artifizi per essere. Una verità naturale è di per sé. Di conseguenza, siamo di fronte a una società creduta naturale, ma che non lo è, perché è costruita secondo quel progetto crudele e violento, secondo un artifizio costante. Non aveva torto Ivan Illich quando affermava che 'la scuola è l'agenzia pubblicitaria che ti fa credere di avere bisogno della società così com'è'. E' nella scuola che si compie il progetto violento. E tra le altre cose, il progetto consiste anche nel fidelizzare le persone al progetto stesso, che lo perpetuano. Quasi nessuno riesce ad esempio a immaginarsi una società senza quel luogo preciso chiamato scuola. Gli adulti sono affezionati alla scuola, sono stati portati a credere che senza scuola l'umanità si abbrutisca. Io mi guardo attorno e vedo esattamente l'opposto, vedo che presso le comunità dove la scuola non è altro che la vita stessa le persone hanno un senso di umanità straordinario e profondo, vige soprattutto l'empatia, la solidarietà, la gioia di vivere. Gli abbrutiti li vedo maggiormente in questa società scolarizzata e militarizzata. Val forse la pena - mi chiedo - barattare la gioia di vivere e la vita stessa con un 10 in pagella? Il fatto si è  che tutte le persone scolarizzate considerano invece 'vita' proprio la pagella, considerano 'vita' ogni cosa insegnata nel luogo dove la vita stessa è negata, dove la gioia è soffocata, vietata, punita. Le persone scolarizzate pensano che la libertà si conquisti attraverso la scuola, cioè in quel luogo in cui proprio la libertà viene cancellata ogni giorno, massacrata per anni, dimenticata, per imparare a essere dipendenti, schiavi produttori, voraci consumatori, asserviti d'ogni risma e caratura, e acerrimi nemici delle libertà propria e altrui. La libertà si ottiene solo con la libertà, così come la pace non può che ottenersi con la pace, la giustizia con la giustizia (che vuol dire comprensione, non vendetta), l'amore con l'amore, l'umanità con quell'umanità dataci dalla natura e toltaci dai progettisti del capitale.
Io sono profondamente convinto che una società libera e umana può esistere soltanto quando le persone si libereranno dalle convinzioni, dal consueto, dalla fidelizzazione al sistema, dalla scuola, e lasceranno finalmente in pace i bambini, che sono semi da non toccare. La natura sa quello che fa. Lasciamo fare a lei, secondo il suo progetto materno, non di quello del sistema. Non impicciamoci, a meno che non si voglia continuare a credere che sia più importante un 10 in pagella che la vita stessa.
Una società come la nostra forma esseri aderenti ad essa, perciò le persone pensano che andare a scuola sia utile. Utile per che cosa? Per l'adattamento. Un 10 in pagella cosa dichiara? Dichiara proprio il buon inizio dell'adattamento, del percorso che inserisce bene la gente nella società del consumo e del capitale. Con i 10 sulla pagella si diventa forse bravi lavoratori salariati o - come sperano tutti - persino ottimi dirigenti, cioè ingranaggi perfettamente funzionali a questa società violenta e gerarchica, riproduttrici infaticabili di ciò per cui ci lamentiamo. 
Che cosa produci tu, lavoratore salariato? Quali altri ingranaggi del sistema oppressivo fai funzionare col tuo lavoro? Tu dici che se non si lavora non si mangia, ma è proprio questa la trappola del progetto pedagogico: diventa schiavo del capitale, altrimenti non mangi. Non ti sembra un ricatto? Se pensi che questo ricatto sia giusto e naturale perché non sai immaginarti un'altra condizione di vita con un altro concetto di lavoro, allora perché continui a lamentarti se ti fanno pagare anche l'acqua per bere o il giaciglio su cui riposi le membra percosse? Insomma, se è questa l'idea di vita che abbiamo, cioè il famoso 'lavora, produci, consuma, crepa', allora dovremmo essere tutti felici, perché questo obiettivo è stato pienamente raggiunto. Invece io vedo in giro persone alienate, incattivite, serve, tutt'altro che felici, a cominciare dai bambini nella loro galera esclusiva chiamata scuola.

OCM: Organismi Culturalmente Modificati

Per potersi perpetuare, il sistema deve -tra le altre cose- fornire ad ogni persona una dottrina ben precisa elargita sottoforma di bagaglio culturale in grado di far percepire ad ognuno, fin dai primi anni di vita, una propria presunta colpevolezza, una propria presunta cattiveria innata, sì da far giustificare l'esistenza di agenti esterni moralizzatori, governativi, punitivi, correttivi. A questo scopo, sia lo Stato, sia la Chiesa, hanno messo in opera un circolo vizioso molto efficace che posso riassumere in questo modo: mi si corregge, dunque sono cattivo; sono cattivo, dunque mi si deve correggere. Anche su questa base decisamente perversa e pretestuosa poggia la falsa convinzione secondo cui l'essere umano nasca cattivo, convinzione infondata e peraltro smontata da molto tempo anche attraverso i fatti, oltre che viziata da un'evidente superficialità. L'idea di punire un bambino, di adattarlo a un tipo preciso di ambiente per mezzo di coercizioni e ricatti, ricalca dunque ciò che la nostra società apprende di continuo sulla base della presunzione della cattiveria innata degli uomini. E' per questo motivo che il sistema teme la diffusione dei testi che smontano la tesi lorenziana sulla presunta aggressività biologica degli esseri umani, combattendo al contempo questi testi laddove riescono a trovare uno spiraglio per emergere.
Non voglio dire tout-court che l'essere umano nasca buono facendo di questa affermazione un assoluto, cadrei nell'errore di quelli che affermano il contrario, dico invece che che l'essere umano, essendo un animale sociale, nasce anzitutto solidale, cooperativo. Non è poco di fronte ad un sistema culturale che ci costringe pretestuosamente alla competizione feroce in ogni piccolo anfratto del nostro tipo di società, vissuta e/o rappresentata. E non è poco neppure di fronte al significato profondo che questa innata solidarietà porta con sé, la quale infatti designa un senso morale che preesiste a una qualsiasi organizzazione sociale, e che afferma anche una precisa capacità logica neonatale (Alison Gopnik e Sarah Gurcel).
Oggi noi sappiamo anche attraverso studi recenti compiuti in Québec che il senso morale del bambino è innato, portatore di un profondo senso di giustizia e di espressione empatica fin dai suoi primi giorni di vita. Proprio come gli animali non umani che non si esprimono attraverso un linguaggio a noi comprensibile, anche il neonato è impossibilitato a manifestare questi suoi sensi e sentimenti attraverso i nostri codici verbali, eppure quei sentimenti e quei sensi li ha. Quelli che profittano di tutti gli esseri viventi non parlanti, in quanto non parlanti, modificando il loro progetto naturale di vita per avvantaggiarsene, sono di fatto dei criminali, ma questo è un inciso personale che voglio fare qui. Di certo non si può sorvolare di fronte a un bambino piccolissimo, quindi non ancora scolarizzato, che si muove a compassione vedendo qualcun altro soffrire: quale morale, quale empatia lo ha spinto se non la propria, naturale, e di nessun altro? Quale senso di giustizia se non il proprio, naturale, e di nessun altro? E non si può neppure sorvolare sugli scopi distruttivi di un continuo processo correttivo dato da una morale esterna che viene imposta ormai per mezzo della stessa società già culturalmente modificata che aliena la natura dei suoi componenti. Siamo da molto tempo di fronte a una società composta da quelli che io definisco OCM, cioè Organismi Culturalmente Modificati, in grado di modificarsi da soli in funzione degli scopi del sistema. Anche le scuole sono contenitori istituzionali in cui la natura dell'essere umano viene modificata culturalmente, e fanno parte dei numerosi agenti moralizzatori, governativi, punitivi, correttori, che mettono in opera quel circolo vizioso di cui sopra e che ancora ripeto: mi si corregge, dunque sono cattivo; sono cattivo, dunque mi si deve correggere.
Quello del progetto culturale (colonizzazione) di quanti hanno voluto questo tipo di società autopoieticamente violenta, competitiva e autoritaria, è un capitolo enorme che non apro qui, anche perché è stato trattato altrove e da altri in maniera migliore di quanto possa fare io. E' ovvio che si stava meglio prima dell'imposizione dello Stato. Ma non cerchiamo questi temi a scuola o in tv, sarebbe velleitario e ingenuo. In questo senso, credo valga la pena ricordare, tra gli altri, il lavoro di Alice Miller, la quale ha dimostrato che la violenza espressa politicamente nasce da individui che hanno avuto un'infanzia distrutta dalla violenza dei genitori e degli educatori. E non si parla solo di violenza palpabile, cioè quella che la massa vede e addita, ma soprattutto di violenza culturale e strutturale, quella che non si vede, quella che -a parte gli anarchici e qualcun altro- nessuno addita, ma che fa esplodere la violenza che tutti vedono (Johan Galtung). E val la pena anche riferirsi al lavoro di Marshall Sahlins che sul dualismo natura-cultura ha insistito parecchio, rivelando 'Un grosso sbaglio' in cui siamo caduti, smantellando dentro e fuori l'Università di Chicago convenzioni e pregiudizi duri a morire, fino a ribellarsi ad essi presentando le sue dimissioni dall'Accademia nazionale delle scienze in USA, collaboratrice dell'esercito americano nelle ricerche condotte nelle aree di guerra.
Ritornano le parole di Giorgio Gaber: 'non insegnate ai bambini la vostra morale...' e, aggiungo io, al fine di non avere più OCM che riproducono questo tipo di società.

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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